Strage di Nuoro, la follia del movente

Omicidio strage Nuoro

Il movente della strage di Nuoro.

Il movente della strage di Nuoro resta avvolto nel mistero in questa tragica vicenda, su cui gli inquirenti stanno cercando di fare luce. Nonostante la brutalità dell’accaduto, non c’erano mai state denunce o segnalazioni di violenze domestiche da parte della coppia. Un fatto che lascia sgomenti, considerando la lucida determinazione con cui Roberto Gleboni ha deciso di sterminare la sua famiglia. L’unica certezza, al momento, è la sua volontà spietata: ha sparato prima in via Ichnusa e poi in via Gonario Pinna, colpendo alla testa. Prima la moglie e i figli, poi la madre, infine se stesso.

L’uomo che ha portato a termine questa strage familiare appariva come una persona comune, un lavoratore tranquillo e riservato. Operaio dell’agenzia Forestas, 52 anni, padre di tre figli di 25, 14 e 10 anni, era noto nel quartiere come un uomo gentile, ma di poche parole. Nessuno, né amici né vicini, avrebbe potuto prevedere ciò che sarebbe accaduto. Lavorava spesso nella vedetta antincendio della pineta di Ugolio, dove era stato anche la notte prima del massacro, prima di tornare a casa e andare a letto.

Anche nel contesto professionale, Gleboni non aveva mai dato segnali di squilibrio. Militante sindacale di lunga data, era membro del direttivo territoriale e regionale della Fai Cisl, e si era speso per i diritti dei lavoratori. I colleghi che si sono ritrovati sulla scena del crimine lo descrivono come una persona gentile, sempre disponibile, ma anche riservata, quasi schiva. Questa stessa riservatezza era notata anche dai vicini, sia in via Ichnusa, dove viveva con la sua famiglia, sia in via Gonario Pinna, dove risiedeva sua madre Maria, anch’essa vittima del folle gesto.

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